Pietro Verri - OSSERVAZIONI SULLA TORTURA
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Come il suo amico Cesare Beccaria, Pietro Verri esprime la sua disapprovazioni sull'utilizzazione della tortura, chiedendone l'abolizione. «Se la ragione farà conoscere che è cosa ingiusta, pericolosissima e crudele l'adoperar le torture, il premio che otterrò mi sarà ben più caro che la gloria di aver fatto un libro, avrò difesa la parte più debole e infelice degli uomini miei fratelli; se non mostrerò chiaramente la barbarie della tortura, quale la sento io, il mio libro sarà da collocarsi fra i moltissimi superflui». Dall'esame di vari processi, afferma l'autore, si può avere l'idea precisa della condotta giuridica e del pensiero nel corso dei suoi "disgraziatissimi tempi"; ciò evitando, con metodo, l'insorgere di dubbi derivabili dall'amore per il paradosso o per il piacere di nuove dottrine.
Senza alterare il limite della verità, questo saggio è, dunque, una dimostrazione documentata contro ogni forma di tortura, «che non è un mezzo per aver la verità, né per tale la considerano le leggi; che è intrinsecamente ingiusta; che le nazioni conosciute dell'antichità non la praticarono; che i più venerabili scrittori la detestarono; che si è introdotta illegalmente nei secoli della passata barbarie e che finalmente oggigiorno le nazioni l'hanno abolita e la vanno abolendo senza inconveniente alcuno».
Il grande merito di Pietro Verri è stato organizzare intorno alle proprie iniziative culturali - a cominciare dalla rivista Il Caffè - un centro di aggregazione illuminista nell'area Milanese e Lombarda. I suoi scritti, lucidi ed espressivi, riecheggiano il pensiero più avanzato dell'Europa del secolo XVIII, con l'intento di "svegliare" quanti erano ancora irretiti dalle maglie delle credenze irrazionali e dell'assolutismo.