Cesare Beccaria DEI DELITTI E DELLE PENE
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Quest'opera, ancora oggi di grande rilevanza storica e giuridica, incontrò già al tempo un ragguardevole successo in tutta l'Europa. Il saggio, scritto tra il 1763 ed il 1764, fu apprezzato in Italia e in Francia, nonché nella Russia della zarina Caterina II. Contribuì all'abolizione della pena di morte nel Granducato di Toscana.
Tra i principi enunciati, Beccaria dimostra come lo Stato, al fine di punire un delitto, applicando la pena capitale compirebbe a propria volta una nuova azione nefanda, raddoppiando "con altro male il male prodotto dal delitto commesso". Lo Stato nel decidere l'entità di ciascuna pena deve seguire come unico criterio "l'utile sociale". Quindi, anche la pena dovrebbe essere un mezzo di prevenzione sociale. Questo perché è più importante cercare di prevenire i crimini ed educare i cittadini alla legalità.
Beccaria dimostra in questo libro la propria adesione al pensiero filosofico del francese Jean Jacques Rousseau espresso nel "Contratto sociale" e alle teorie dell'inglese John Locke. Gli uomini hanno sacrificato parte della propria libertà individuale, prestando fede alle regole della comunità, al fine di una maggiore tutela ed incolumità, e di una maggiore utilità. Da questo saggio Voltaire ha tratto un commento.